Vogliamo condividere con voi questa bella storia di affido che ci ha inviato Gianni insieme a sua moglie Alessandra:

Mi chiamo Gianni, ho 42 anni e sono sposato con Alessandra da 14 anni: da sempre crediamo nell’affido da quando, studenti universitari conoscemmo questo “strano modo “ di amare la vita e di accoglierla: abbiamo fatto affido da subito, appena sposati anche prima di generare i nostri meravigliosi bambini che oggi hanno Tommaso 8 anni e Elisabetta 5 anni; nella nostra piccola associazione di famiglie per l’affido di Ancona siamo considerati “esperti” anche se la definizione ci spaventa un po’, forse questa definizione ha spinto Mirella, un’educatrice del Comune di Ancona, a proporci per l’affido di D. una ragazzina di 16 anni che doveva essere allontanata dalla sua famiglia che lei stessa considerava inadeguata e che pur di andarsene avrebbe accettato la vita in una comunità alloggio per adolescenti lontano dalla nostra città e dalla sua scuola che frequentava con risultati discreti. Abbiamo passato il classico periodo di “inferno” che caratterizza ogni fase pre-affido con la netta e compatta avversione di tutti i nostri riferimenti: nonni, amici e soci dell’associazione erano uniti nel dire che questo affido sarebbe stato una bomba esplosiva che avrebbe travolto noi, i nostri figli e soprattutto la ragazzina: solo Mirella si mostrava sicura sulle probabilità non proprio nefaste, e fu avvalendoci della nostra fiducia nei suoi confronti che  abbiamo accolto D. in una giornata di fine agosto con la stanza giochi dei bimbi da smantellare per fare posto alla nuova arrivata.

All’inizio fu difficile spiegare ai nostri figli che anche questa ragazzona di 1,80 m aveva bisogno dei loro mamma e papà per crescere, dal canto suo D. si mostrava l’opposto dell’adolescente problematica, era sempre sorridente, educata, mai una parolaccia. I primi mesi abbiamo vissuto nell’attesa del “botto”, ma questo tardava ad arrivare, per decisione del Tribunale D. non poteva avere contatti con la famiglia d’origine, il suo bisogno di appartenere a qualcuno e di sentirsi parte di un qualcosa che si prendeva cura di lei le fece accettare tutto il castello di regole della nostra famiglia, l’avere dei bimbi piccoli per noi comportava ancora quelle cure che tanto a lei erano mancate, il prepararle la colazione, la spremuta d’arancia, l’interessarsi a lei sul rendimento scolastico e sulle compagnie che frequentava con telefonate e il prendersi carico anche delle sue paure ed ansie la conquistarono.

Il rendimento scolastico migliorò tanto da farla arrivare ai vertici della sua classe (liceo pedagogico) ma soprattutto cambiò il suo atteggiamento: parlando con i suoi prof. tutti sottolinearono il cambiamento da ragazzina chiusa, curva, silenziosa a ragazzina solare, aperta alla vita e finalmente spensierata.

D. accettò anche il percorso di supporto psicologico offertole dal servizio e diligentemente va agli incontri settimanali con la psicologa.

Volle fare piazza pulita con il suo passato, via le sue vecchie amiche ed il suo ragazzo, modificò anche il suo modo di vestirsi: decise lei ed all’inizio fu duro per lei crearsi nuove amiche, nuovi interessi e nuovi amori definiti più seri, in lei c’era una gran voglia di ripartire da zero, di ristrutturarsi con nuovi modelli. Noi eravamo perplessi e ci confrontavamo con i servizi che ci rassicuravano.

Sono passati circa due anni da quella giornata di fine estate, D. è prossima ai 18 anni, ancora non se la sente di vedere i suoi genitori, noi possiamo solo parlare di loro ed accogliere i suoi sfoghi nei loro confronti, D. non ha neanche valutato l’ipotesi di uscire dalla nostra casa, ha assunto il ruolo di sorella maggiore e cerca la giusta autonomia da noi ma come figlia, quest’estate non verrà in camper con noi ha deciso di trovarsi un lavoretto estivo per pagarsi la patente, noi la lasciamo fare. D. è molto cambiata, ha iniziato anche ad accettare quella parte di lei che con tanta forza ha cercato di cancellare nel primo periodo, si permette anche qualche piccolo insuccesso e ora pensa all’Università vicino casa.  Lei sa che per noi poco cambierà dopo i 18 anni: la porta che Mirella ha aperto per lei sarà sempre aperta, come se fosse nostra figlia.

Vi ho raccontato questa nostra storia per ribadire che il confine tra affido e adozione non è così delimitato come noi credevamo: in entrambi i casi siamo chiamati a fare i genitori di “cuore” perché questo chiedono in maniera più o meno diretta i bambini in affido, anche quelli cresciuti come la nostra D. che con i suoi 16 anni compiuti non aveva bisogno di uno zio, una zia o degli amici che le facessero da punto di riferimento, lei chiedeva una mamma e un papà, una famiglia che la contenesse dal punto di vista affettivo. Noi la amiamo per quello che è e amiamo anche quella parte che non è stata generata da noi e speriamo che un giorno D. possa riavere un rapporto per lo meno con la mamma e che la possa riconoscere come parte di sé. Sappiamo che lei diventerà grande anche grazie a noi, sua mamma e suo papà hanno messo il seme per fare la piantina e noi abbiamo messo il bastone affinché questa piantina cresca diritta e fiorisca bene in piena autonomia: tutti e 4 abbiamo concorso allo stesso risultato: la piena fioritura. Ed è questo quello che conta.

Un saluto Gianni ed Alessandra

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