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Gli assistenti sociali che temono la riforma dell’affidamento sono molti: pensano che nessun genitore in stato di bisogno vorrà più dare il proprio bambino in affidamento consensuale, per la preoccupazione che il figlio sia adottato a sua insaputa. Ma non è così, non è possibile che sia così. Un bambino, già posto in affidamento, per essere adottato, deve prima essere dichiarato adottabile dal Tribunale dei Minorenni, dopo un processo nel quale si deve dimostrare lo stato di abbandono da parte della famiglia naturale. Altre vie non ci sono!

L’affidamento non sarà l’anticamera dell’adozione, se i tribunali e i servizi sociali funzioneranno in modo corretto. Invece, il DDL 1209 vuole impedire che i bambini, già posti in affidamento e dichiarati adottabili, debbano per forza cambiare ancora famiglia, per passare dai genitori affidatari a quella adottiva, se dai primi vivono bene. Se invece nella famiglia affidataria si trovano male, le cose cambiano. Non è in nessun modo obbligatorio adottare il bambino che è in affidamento, semplicemente i giudici debbono valutare anche questa possibilità: devono verificare che la famiglia e il bambino vogliano stare insieme per la vita, che il bambino sia cresciuto in maniera adeguata, che la famiglia abbia le risorse per seguirlo anche durante l’adolescenza, ecc. Se bambino e famiglia desiderano stare insieme, una sorta di prelazione impedisce che il bambino sia sottratto a chi lo sta già seguendo con affetto.

Questo è il vero senso della legge: dare continuità di affetti a minori che rischiano di essere trattati come pacchi. Gli affidatari dovranno sapere che, senza dichiarazione di adottabilità, non adotteranno mai e non devono quindi prendere il bambino in affidamento sperando di adottarlo.

Mi preoccupa tutto il rumore che si tende a fare circa la possibilità che così si aprirebbe di adottare anche per i singles. Le persone sole che prendono bambini in affidamento non sempre vogliono adottarli, ma anche lo volessero, tale adozione sarebbe del tutto diversa da quella classica in cui un bambino sconosciuto entra in famiglia.

Vorrei si capisse che una cosa è porre in adozione presso una/un single una bambino/a che proviene dalla famiglia biologica o da un istituto, quando ci sono sette coppie sposate pronte a riceverlo e un’altra è porre in adozione un bambino che ha già trascorso anni di vita presso una famiglia affidataria, dove nessuna coppia sposata lo ha voluto ricevere. I requisiti per adottare o per prendere in affidamento un bambino non sono gli stessi, ma esiste dal 1983 un articolo di legge, il famoso art. 44 L.184/83, che afferma che si può adottare anche senza i requisiti di età e matrimonio quando la mancata adozione possa creare problemi e danno al bambino. Attualmente però nell’articolo si specifica che questa regola deve valere “per gli orfani di madre e di padre” e se è così non vale quasi per nessuno, perché gli orfani di padre e di madre sono rarissimi… L’art. 44 lascia anche altre aperture, ma ambigue, poco certe e quindi di nuovo la situazione rientra nell’ambiguità che ha dato il via alla riforma.

Tutto per la questione legata ai requisiti per l’adozione. Nel futuro si potrebbe rivisitare tutta la materia, arrivando a decidere che in situazioni di adottabilità “normali” adottano solo le coppie solide (solide non vuole dire sposate e sposate non vuol dire solide!) e in situazioni di passaggio dall’adozione all’affidamento adottano coloro che si sono dimostrati nei fatti bravi sostituti genitoriali. Senza ideologie di sorta! Ma anche oggi, psicologi e servizi sociali devono considerare ogni diversa situazione ed è dalla realtà dei fatti che si deve partire, caso per caso, per fare il bene del minore. Piuttosto, bisogna che gli psicologi e gli assistenti sociali, nonché i giudici, siano davvero esperti e non scambino la difficoltà relazionali di alcuni minori, le quali hanno un’origine antica, per colpe della famiglia che li ha accolti, che non decidano sulla base di preconcetti, di simpatie personali, ecc. Ma qui già stiamo sollevando un altro problema: quello della formazione degli addetti ai lavori, che si spera sia sempre più curata.

Nel presente io auspico che si applichino per tutti i principi di fondo del DDL 1209 (rispetto per i sentimenti dei bambini, ascolto obbligatorio degli stessi e ascolto dei genitori affidatari) e non si stacchino i bambini, che sono stati accolti con competenza e affetto, dalle famiglie affidatarie, per spostarli altrove, solo perché la coppia affidataria non è sposata o perché quei bambini vivono con una donna sola, che ormai essi sentono come la propria mamma.

Carla Forcolin

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