carlaFinalmente i giornali ci raccontano una bella storia riguardante l’affidamento. Gioia, una signora quarantenne di Cagliari, aveva accolto in casa una bimba di tre anni quando era poco più che trentenne. La bimba era stata posta in affidamento da lei, single, perché nessuna coppia l’aveva voluta: palesava dei deficit cognitivi e la sua situazione era del tutto incerta perché la mamma biologica sembrava sparita. Gioia, che non aveva nessun dimestichezza con i bambini, si fa immediatamente conquistare dalla “piccola selvaggia” che si è portata a casa e la donna e la bimba si legano subito con un rapporto profondo fatto di accettazione reciproca.
L’affido, che doveva essere a breve periodo, si prolunga e la madre naturale torna ad essere presente; l’affidataria e Servizi Sociali lavorano perché il loro rapporto possa essere ricostruito. Ciò nonostante la mamma biologica non è in grado di svolgere il suo compito a pieno titolo neppure oggi e Gioia, sei anni dopo l’inizio dell’affido, chiede in adozione la bambina. La chiede quando è ancora single e l’adozione viene accolta, quando è già sposata.
Dalle informazioni che vengono date dal Corriere della Sera non è chiaro se l’affidamento si sarebbe concluso in adozione anche se Gioia non si fosse sposata. Speriamo che sia così e che il Tribunale di Cagliari abbia voluto dare stabilità alla vita della bambina indipendentemente dal fatto che la mamma avesse trovato un papà.
La storia infatti dimostra in modo lampante che chi oggi è solo potrebbe non esserlo più domani e viceversa. Ormai la famiglia non è più un’entità sicuramente stabile nel tempo, ma non per questo i bambini devono vivere in perenne stato di precarietà affettiva.
L’altro aspetto bellissimo della storia è quello per cui tutti gli affetti sono stati garantiti alla bambina dalla sua affidataria, senza gelosie e volontà di possesso da parte di nessuno, perché, molto probabilmente, il motivo per cui si teme la possibilità del passaggio dall’affido all’adozione è proprio la sfiducia del legislatore nella maturità degli affidatari, che potrebbero essere tentati ad allontanare i bambini dai genitori biologici per “impadronirsene”.
Tutto è possibile sempre, ma, se si fanno leggi a partire da un senso di sfiducia verso le persone, non si può che finire per legiferare in maniera tale da punire la maggior parte di coloro che agiscono in buona fede.
Ci auguriamo che questa storia davvero edificante incida positivamente sulle scelte del nostro Parlamento, che dovrebbe discutere (il condizionale è d’obbligo dato l’infinito numero degli slittamenti dell’approvazione di questa legge) mercoledì 11 marzo il disegno di legge 1209, uscito dalla Commissione Giustizia del Senato.

Carla Forcolin

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